I due Mondi della balbuzie
La balbuzie ti porta a vivere da balbuziente. Inizi a chiederti: che potenziale potrebbe liberarsi se non ci fossero i limiti creati dalla balbuzie?
BALBUZIE
Flaviano Ioimo
5/15/20103 min read
La balbuzie è come una livella, per citare Totò. Non fa distinzioni: un grande imprenditore, un attore, un notaio, un uomo di successo, tutti, vivendo la balbuzie, affrontano le stesse difficoltà. Non c'è estrazione sociale che tenga.
Vite diverse accomunate dallo stesso problema, vissuto in modo simile. Allora mi sono chiesto: qual è il percorso? La balbuzie è un problema tecnico o psicologico?
Nel mio ragionamento ho dovuto tralasciare il motivo per cui si inizia a balbettare. Le scuole di pensiero sono troppe e tutte diverse, ma nessuna può essere contestata.
Un dato di fatto: ho iniziato a balbettare. Di solito si inizia da bambini, quando ancora non si ha piena coscienza del problema. Sono i genitori a preoccuparsi. Per un bambino, la balbuzie è solo un errore tecnico, una piccola difficoltà nel linguaggio. Molti esperti consigliano di ignorarla, sostenendo che meno attenzione si dà al problema, più è probabile che passi con la crescita. Un consiglio che non ho mai condiviso e che forse ha un senso che ancora non comprendo.
Così inizia il "circuito della balbuzie". Per spiegarmi meglio dovrò generalizzare: ogni caso è diverso, ma alla base c'è un percorso comune.
Da bambini fino all'età delle scuole medie, la balbuzie non è un vero problema. Non si ha piena consapevolezza di ciò che accade mentre si parla. A questa età, la balbuzie è solo un problema tecnico di linguaggio: il pensiero e la parola non sono sincronizzati, causando ripetizioni o blocchi, spesso all'inizio della frase o su certe consonanti.
La balbuzie diventa un problema psicologico quando iniziamo a relazionarci con gli altri. Quando gli occhi degli altri ci fanno capire che c'è qualcosa che non va. Ricordo bene la prima volta che ho letto in classe: nel profondo silenzio dell'aula, i miei blocchi diventavano pesanti. Sentivo il disagio non solo mio, ma anche di chi mi ascoltava. Negli occhi degli altri non vedevo attenzione alle mie parole, ma solo alla mia difficoltà.
A questo punto, si passa alla seconda fase: la consapevolezza di avere un problema. E con essa, anche un problema psicologico. Ognuno affronta questa fase in modo diverso. Alcuni accettano la balbuzie senza farne un dramma. Altri cercano di mascherarla, convincendosi che nessuno se ne accorga. Altri ancora scelgono il silenzio per evitare blocchi.
Prendere coscienza della balbuzie significa rendersi conto che la vita diventerà più complessa. In adolescenza iniziano le domande: "Perché proprio a me? Cosa ho fatto per meritarmi questo?" Il problema è che la balbuzie non è costante. Ci sono periodi in cui si balbetta di più, altri in cui sembra quasi scomparire. E, paradossalmente, si balbetta proprio quando si vorrebbe evitarlo, nelle situazioni più importanti.
Si inizia a vivere da balbuzienti. Si evitano situazioni stressanti, si rimandano telefonate, si cerca di nascondere il problema. Ma finché gli altri non lo notano, si finge che non esista.
A questo punto, si entra nella terza fase: la balbuzie diventa un alibi. Due mondi si creano: quello reale, in cui la balbuzie c'è sempre e condiziona ogni aspetto della vita, e quello della mente, dove si sogna di essere liberi da essa. Nel mio caso, il mondo reale diceva che ero ansioso, introverso e timido. I miei amici dicevano che non balbettavo, ma semplicemente parlavo poco. A scuola, gli insegnanti notavano che con i compagni non balbettavo, ma durante le interrogazioni mi bloccavo. Sembrava che la balbuzie fosse una conseguenza della timidezza.
Ricordo il mio medico di base che disse a mia madre: "È un finto calmo." Avrei voluto rispondere: "Prova tu a vivere con la balbuzie. Prova tu ad avere paura di parlare in un bar o davanti a una ragazza, e di essere deriso al minimo blocco."
Nel mondo della mente, ero un genio. Se non balbettassi, farei questo e quello. Ma più nascondevo la balbuzie, più il mondo reale si discostava da quello interno. Più venivo percepito come insicuro, più dentro di me mi sentivo brillante.
La balbuzie diventava un equilibrio: un alibi per tutto. "Non posso iscrivermi all'università perché balbetto." "Non posso fidanzarmi perché balbetto." "Non ho successo perché balbetto." Un circolo vizioso.
Spezzare questo equilibrio significa costruirne uno nuovo, dove non ho più bisogno della balbuzie.
Quando ho iniziato a non balbettare, tutto è cambiato. Gli altri mi vedevano diverso. Parlavo guardando negli occhi le persone, dicendo ciò che pensavo. La mia famiglia ha conosciuto una persona nuova, più forte e decisa. Per la prima volta, potevo sostenere le mie idee. Non so se questo cambiamento sia stato comodo per chi mi circondava. Sembra una battuta, ma c'è un fondo di verità: vivere da balbuziente fa comodo a tutti.
Quando smetti di balbettare, le relazioni cambiano. Gli altri iniziano a vederti in modo diverso. Sono loro a farti accorgere che non sei più balbuziente.
Ma vivere da non balbuziente significa anche crescere. Significa accettare i propri limiti. Per tutta la vita ho pensato che il mio unico ostacolo fosse la balbuzie. Nel mio mondo interiore ero brillante. Ma quando ho iniziato a gestire la balbuzie, mi sono accorto che non era così. Accettare di non essere perfetto è stato il vero passo avanti.
Quando il mondo reale coincide con quello della mente, la balbuzie non serve più. Il circolo vizioso diventa virtuoso. La paura di sbagliare sparisce. Parlare diventa leggero. Finalmente ho sentito di essere sulla strada giusta. Ho iniziato a vivere davvero.
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